13/01/2014

Paesi ri-emergenti?

AcomeA Patrimonio Prudente Paesi ri-emergenti?

L'avvio, da parte del presidente della banca centrale americana Bernanke, delle discussioni sull’inizio della moderazione delle operazioni non convenzionali di stimolo monetario, circa sei mesi fa, ha avuto l’effetto di denudare più di un re nel panorama degli investimenti finanziari, lasciando scoperto, tra gli altri, l’investimento nei paesi emergenti, la terra promessa di solo pochi anni fa. Non solo, alcune grandi case di investimento hanno recentemente dato previsioni poco brillanti per gli investimenti sia obbligazionari sia azionari in questi paesi, in quanto, in base alle loro previsioni, daranno rendimenti inferiori a quelli in paesi sviluppati: la virata del consensus che proponevano ancora all’inizio dello scorso anno è stata completa.

Vediamo una tabella che riporta i dati economici di alcuni paesi per avere un quadro della situazione attuale.

Uno sguardo sugli emergenti

Perché, dunque, stiamo costruendo una posizione sulle obbligazioni di alcuni paesi emergenti?

Facciamo un passo indietro e torniamo all’autunno del 2011, nel pieno della crisi dell’area euro, quando le preoccupazioni riguardanti la solvibilità degli stati dei paesi periferici nell’area euro e la sopravvivenza della moneta unica determinarono l’allontanamento dagli investimenti in attività dei paesi mediterranei e l’innalzamento dei tassi di interesse a livelli insostenibili per le loro economie. In quei tempi la situazione dei paesi dell’area mediterranea presentava livelli di debito dei governi assai elevati rispetto alle entrate fiscali, economie in contrazione (con conseguente ulteriore diminuzione tendenziale della base imponibile e quindi della sostenibilità del debito), tassi di inflazione moderati (che alleviano in misura solo marginale il peso del debito), squilibri della bilancia commerciale e dei flussi finanziari, sistemi bancari fragili ed aggregati creditizi in calo. L’alternativa alla precarietà di questa situazione, secondo molti investitori, era l’investimento in attività (azioni ed obbligazioni) dei paesi emergenti, che al contrario evidenziavano rapporti debito/PIL nettamente inferiori a quelli europei, tassi di crescita dell’economia piuttosto elevati, bilance commerciali in positivo (vuoi per la competitività del settore manifatturiero, vuoi per lo sfruttamento delle materie prime), consistenti afflussi di capitale (per investimenti finanziari e diretti) e tassi di inflazione elevati, ma ritenuti giustificati alla luce della forza dell’economia.

Come è cambiata la situazione dei paesi dell’area euro, oggi rispetto ad allora? Poco di bene può essere detto: il quadro economico non è certo migliorato ed anzi, il rapporto debito/pil è peggiorato per tutti i paesi, i tassi di crescita sono leggermente positivi o inferiori allo zero, l’inflazione è in calo (non che sia un male in sé, ma la situazione in questo momento è indicativa della debolezza della domanda), il settore bancario è più impegnato a risanare i propri bilanci che ad esercitare l’attività creditizia e non ci sono segnali consistenti di correzione degli squilibri delle partite correnti.

Molto è però cambiato per gli investitori, infatti, i rendimenti dei titoli dei paesi periferici nell’area euro sono drasticamente discesi, lasciando una remunerazione inferiore per rischi uguali o superiori rispetto a quelli di uno o due anni fa; questa situazione, va notato, rispecchia più la credibilità della banca centrale europea che uno scenario (che rappresenta sempre una previsione) di miglioramento dei fondamentali economici.

Come è cambiata la situazione per i paesi emergenti? La loro stella si è un po’ appannata. I tassi di crescita sono diminuiti, a causa della crisi dei paesi sviluppati (importatori delle merci) e del rallentamento cinese (importatore di materie prime). L’inflazione in molti casi ha un andamento crescente. L’equilibrio dei conti pubblici soffre errori di politica economica che hanno privilegiato la spesa corrente a scapito della spesa per investimenti volti a migliorare le infrastrutture ed in generale la competitività. La diminuzione dei prezzi delle materie prime sui mercati globali ha determinato ulteriore pressione sulla bilancia commerciale, messa in crisi anche dai primi stadi di fortissime svalutazioni che rendono più costose le importazioni.

Di fronte a questa situazione è importante osservare se ed in quale misura i mercati si siano adeguati al nuovo scenario. Vediamo dunque come siano cambiati, dalla fine di maggio, i prezzi dei titoli governativi con scadenza a 10 anni in valuta locale ed il tasso di cambio verso euro.

La caduta degli emergenti

Come si vede l’aggiustamento al nuovo scenario sulla scadenza a 10 anni, tradizionalmente indicativa del giudizio del mercato sulla situazione di un paese, ha già comportato uno sconto complessivo (tra prezzi del titolo e svalutazione della divisa) compreso tra il - 15% ed - 40% e portato il rendimento a scadenza (nominale, annuale) a livelli compresi tra il 6% ed il 13%. Il mercato è dunque già avanti nell’incorporare  situazioni e prospettive dei paesi emergenti.

Certamente ci sono fattori di natura “tecnica” che potranno ancora avere effetto su questi paesi, quali l’effetto della moderazione della politica monetaria espansiva negli Stati Uniti, ma ricordiamo che sulla scadenza a 10 anni il rialzo è già stato di oltre 150 punti base, prima ancora che la FED abbia parlato di rialzo dei tassi di riferimento. Sicuramente occorrerà un po’ di pazienza perché gli squilibri finanziari dei paesi emergenti siano corretti (quanto a questo le forti svalutazioni del tasso di cambio potranno dare sollievo), affinché le riforme necessarie a creare una domanda interna più forte siano intraprese ed i mercati ritornino a dare fiducia. Non è possibile neanche escludere eccessi del mercato qualora la discesa (già avvenuta) dei paesi emergenti dovesse innescare timori di ulteriori perdite. Tuttavia, confrontando la situazione economica e politica dei paesi periferici dell’area euro con quella dei paesi emergenti, considerando il trend che hanno avuto i due mercati e valutando rendimenti prospettici e premi per il rischio, riteniamo che questi ultimi siano divenuti adeguati per farci alleggerire le posizioni sul debito dei paesi europei (Portogallo, Italia) e farci costruire, in modo selettivo, una posizione sul debito dei paesi emergenti in valuta locale.

 

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