20/01/2014
Vietnam: cambio di rotta?
AcomeA Paesi EmergentiLa settimana scorsa abbiamo iniziato una posizione sul Vietnam, paese asiatico in via di sviluppo che ha attraversato, nel corso degli ultimi anni, periodi molto turbolenti. È bene quindi fare un breve excursus storico per capire cosa sia successo e cosa potrebbe cambiare nel 2014.
I problemi recenti del paese nascono, infatti, con la grande crisi finanziaria del 2008. Per contrastare la congiuntura sfavorevole, che aveva duramente colpito le esportazioni, e rilanciare la crescita, il governo spinse verso un’erogazione indiscriminata del credito bancario che portò il tasso di crescita della moneta a superare il 25%, valore superiore alla crescita nominale dell’economia.
L’eccesso di liquidità si tramutò ben presto in un tasso di inflazione che nel 2011 raggiunse il 23%. L’alta inflazione a sua volta causò una pesante svalutazione della valuta locale (VND) che fu contrastata negli ultimi anni con un deciso rialzo dei tassi e con misure macroeconomiche molto prudenziali. Queste manovre hanno contribuito a rallentare la crescita del PIL portandolo dai picchi dell’8% del 2006 al 5% del 2013.
L’eccessiva crescita del credito causò, oltretutto, seri problemi al sistema bancario.
Il Vietnam, infatti, è un paese comunista con un’economia centralizzata e, come in Cina, il sistema finanziario è dominato dalle banche pubbliche; nel corso della crisi queste ultime non esitarono a erogare finanziamenti ad aziende e a progetti statali di dubbia qualità. La conseguenza è che oggi si stima che i non-performing loan siano vicini al 15% del totale dei prestiti erogati. La presenza di questi crediti in sofferenza ha sostanzialmente paralizzato il sistema bancario che è stato molto riluttante a erogare nuovi prestiti sino a quando i bilanci non fossero più sani e capaci di sostenere nuovamente la crescita del credito.
Nonostante queste criticità l’economia del paese è riuscita, durante la crisi, a mantenere un tasso di crescita invidiabile, seppur inferiore al suo potenziale.
Perché dunque investire nel paese?
Le motivazioni nascono dal fatto che nel 2014 alcuni dei fattori che hanno ostacolato la crescita economica potrebbero essere rimossi e, se considerati congiuntamente ai fondamentali di lungo periodo, rendono il paese molto attraente sotto un profilo di rischio/rendimento; più precisamente:
- Il governo ha annunciato un piano di riacquisto dei crediti in sofferenza dal sistema bancario attraverso l’istituzione di una società appositamente creata, sulla falsa riga di quanto fatto dalla Cina negli anni 2000 (anche se con parecchie differenze operative). Questo, a sua volta, dovrebbe ridare vivacità alla crescita del credito e quindi alla crescita economica.
- È stato annunciato un sostegno governativo al settore immobiliare e in particolare al social housing.
- Il livello di indebitamento delle aziende è molto basso (D/E 0,75).
- Il governo ha aperto a un aumento dei limiti di detenzione estera di società locali.
- La valuta, le riserve valutarie, la bilancia commerciale e la bilancia dei pagamenti hanno dato importanti segnali di stabilizzazione e il tasso di inflazione è tornato a livelli accettabili (6%).
- Le politiche monetarie rimangono accomodanti nonostante il taglio significativo dei tassi a partire dal 2012.
- La demografia, i livelli di salari e il potenziale di crescita rimangono molto favorevoli.
- Gli investimenti esteri sono in aumento sia in termini quantitativi che qualitativi.
Le prospettive di crescita sono quindi buone ma le valutazioni lo sono altrettanto? La risposta è “nì”: l’indice attualmente tratta a 11,7 volte gli utili dell’anno fiscale corrente, con una crescita per il 2014 degli stessi stimata al 14%, contestualmente ad una espansione dell’economia attesa al 13% in termini nominali. Il Peg (Price Earning/Growth) è quindi inferiore all’unità. L’indice tratta a 1,9 volte il book value, in linea con gli altri mercati asiatici (ad eccezione della Cina e della Corea del Sud).
Complessivamente quindi il mercato non è “regalato”, ma abbiamo ritenuto che, a fronte del potenziale di crescita di medio-lungo periodo, il prezzo pagato sia più che ragionevole.
Monitoreremo comunque con estrema attenzione le dinamiche interne, soprattutto sul fronte inflazionistico e sull’implementazione delle riforme promesse dal governo.